Quando prepariamo una torta, perché sia buona, equilibrata nei sapori, soffice al punto giusto,
con un profumo e un aspetto invogliante, facciamo attenzione a mettere tutti gli ingredienti nella
giusta quantità. Anche per “preparare” la nostra autostima ci sono alcuni ingredienti che non possono
mancare, fra cui la cura di sé, la consapevolezza delle nostre qualità, l’accettazione e
l’accoglienza delle proprie emozioni, i pensieri positivi, l’ironia e il coraggio.
Per apparire bene nonostante la nostra torta non abbia gli ingredienti giusti e supporti a fatica le decorazioni, siamo costretti a mentire a noi stessi e agli altri, a nascondere le nostre debolezze con sempre più segreti e glassa, a vivere con insicurezza e con la paura che da un momento all’altro tutti possano vedere che la nostra copertura si rompe.
A questo punto avremo ottenuto una sana autostima che è fatta dall’equilibrio e dall’armonia tra diversi fattori, così come la riuscita di una torta sta nel dosare in maniera sapiente i diversi ingredienti, e la fiducia in noi stessi che mostriamo sarà più che motivata! Questo è il risultato straordinario che noi coach vediamo compiersi ogni volta che accompagniamo una persona a riconoscere e ad esprimere al meglio le proprie potenzialità e i propri talenti. Perché è importante capire che ognuno di noi è una “torta” unica e speciale!
La maggior parte delle persone, per poter stare bene e vivere serenamente, ha la necessità di soddisfare il proprio bisogno di sicurezza. Lo capiamo osservando i loro comportamenti, ascoltandone i ragionamenti e ce lo confermano dati e ricerche a livello mondiale. Sono passati più di 50 anni da quando, nel 1954, Maslow ha scritto "Motivation and Personality" regalandoci quella che è passata alla storia della psicologia come la gerarchia dei bisogni umani, e ad oggi la maggior parte delle persone si trova appena al secondo gradino nel lungo, incessante cammino verso l’autorealizzazione.
Ma mentre negli anni ’80 e ’90 si cercava l’autorealizzazione nella dimensione lavorativa, oggi
questa ricerca è diventata molto più intimistica: ha preso il nome di ricerca della felicità,
e si svolge prevalentemente nella dimensione personale e relazionale.
Felicità che pensiamo di ottenere riempiendo i "vuoti" della nostra vita, rincorrendo onori e onorabilità,
cose e case, apprezzamenti eapprendimenti. Tutto questo dovrebbe garantirci la tanto agognata sicurezza.
La realtà è che abbiamo mille desideri perché ci sembra sempre che ci manchi qualcosa. Non solo: i
nostri desideri, più che aiutarci a trovare appagamento e significato, ci confondono ulteriormente.
Ci spingono a ottenere, avere, raggiungere, arrivare. Nonostante ciò, continuiamo a restare insicuri.
A questo proposito, la filosofa Michela Marzano parla di "un’opacità strutturale del nostro
desiderio che ci impedisce di sapere veramente quello che vogliamo". Un po’ per via delle
maschere che siamo abituati ad indossare e che alla fine ci fanno perdere il contatto con chi siamo e
quello che vogliamo.
Un po’ perché le domande più importanti "Che cosa desidero per me e per la mia vita più di ogni altra
cosa?" "Che cosa significa volermi bene?" "In che cosa credo?" sono quelle che non ci
facciamo mai e che, se per caso ce le poniamo, non sappiamo trovare loro risposte esaurienti.
E finalmente, arriva un momento della vita in cui abbiamo un’illuminazione e capiamo che per essere
veramente felici non dobbiamo aggiungere, non dobbiamo aumentare le nostre "fonti di sicurezza esterne"
ma dobbiamo cominciare a togliere: modelli ideali di perfezione e meccanismi di acquisizione,
maschere e facciate, illusioni e delusioni.
Perché la felicità possa scaturire con vigore e zampillando dissetarci, c’è bisogno di eliminare tutto
ciò che la sta trattenendo, oscurando e soffocando! Il bisogno di sicurezze materiali e relazionali è
probabilmente uno degli ostacoli principali, perché rende il nostro cammino lento ed impacciato,
insicuro e tortuoso.
The Blind Side, film del 2009, racconta la storia vera di Michael, un ragazzo di colore, senza
tetto, orfano del padre e separato dalla madre tossicodipendente fin da piccolo.
A causa delle sue vicissitudini personali, il rendimento a scuola di Michael è scarsissimo perché non
ha addirittura mai imparato a leggere.
Eppure Michael, accolto all’età di 17 anni da una famiglia benestante che generosamente gli offre
ospitalità, calore e incoraggiamento, riuscirà in breve tempo ad avere risultati inaspettatamente
positivi a scuola e, cosa ancora piùstraordinaria, a diventare un famoso campione di football americano.
Michael ci fa capire che ogni nostro obiettivo o sogno può essere raggiunto a patto di:
Come coach, ho il privilegio di poter assistere e supportare tanti piccoli e grandi cambiamenti
straordinari che le persone riescono ad effettuare quando trovano ilcoraggio e la motivazione per
credere nei propri sogni.
Nella maggior parte dei casi, ciò che fa la differenza è quanto una persona ci crede veramente...
perché questo porta a trovare il modo per superare eventuali ostacoli e delusioni. Affinché questo sia
possibile, è fondamentale coltivare l’attitudine a vedere soluzioni e possibilità laddove solitamente
siamo abituati a vedere le piccole e grandi difficoltà.
Come sostiene Louise Hay, "Se vogliamo una vita gioiosa, dobbiamo concepire pensieri felici; se
aneliamo a una vita ricca, dobbiamo richiamare alla mente immagini di ricchezza; se desideriamo una
vita colma d’amore, dobbiamo creare idee piene d’amore. Qualsiasi messaggio positivo inviamo con la
mente o a parole, ci tornerà in forma simile".
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